IL GIOCO E I TAROCCHI

La possibilità del gioco invita a lasciarsi andare al movimento e al flusso delle immagini perché interrompe l’automatismo e la semplificazione degli stimoli visivi propri del vedere contemporaneo. Non esistono modelli interpretativi predefiniti e sono invece possibili infinte letture con molteplici e differenti percorsi di senso.

Di fronte a queste immagini lo spaesamento iniziale è essenziale perché permette di sentire e riconoscere quella cecità mentale che ci porta a vedere solo ciò che già sappiamo, ciò che abbiamo visto e classificato. Dandoci il tempo necessario, scopriamo invece di poter essere semplicemente un corpo in grado di vedere, sentire e giocare con l’immaginazione.

I tarocchi, storicamente e nelle loro infinite variazioni culturali, ci costringono ad accettare e tenere insieme gli opposti. Proprio dalla collisione di questi ultimi derivano le nostre ambivalenze, contraddizioni e inadeguatezze. La consapevolezza di questo movimento ineludibile non è angosciosa quando è accompagnata dalla meraviglia e dalla scoperta di una impensabile bellezza. Questo succede quando il vedere diventa un’esperienza creativa individuale. Ci sentiamo più vivi perché, per un attimo, abbiamo abitato il nostro centro.

Non è più necessario frammentare, creare gerarchie o confini. Al contrario, proprio l’incontro fortuito e l’accostamento imprevisto ci aprono sorprendenti e personali possibilità interpretative.

Nella tradizione, gli Arcani Maggiori rappresentano le carte più dense di significato perché esprimono le idee primordiali comuni a tutti gli esseri umani. La sequenza corrisponde a una visione personale che, attraverso il gioco, chiede di essere interrogata per aprirsi all’altro.